Elzeard Bouffier è un pastore che, con molta fatica e nessun tornaconto personale, trascorre gran parte della sua vita a piantare querce in una landa desolata, che dopo anni diventa, grazie alla sua costanza, una terra popolosa, rigogliosa, ricca di armonia e benessere. La sua storia è raccontata da Jean Giono nel libro “L’uomo che piantava gli alberi” ed è una storia di amore, di forza e allo stesso tempo di estrema semplicità, di un uomo qualunque che decide spontaneamente di mettersi a lavoro per le generazioni future.
Cosa rappresenta meglio di questo episodio il senso dell’impegno politico? Lavorare in piccolo, nel proprio quotidiano, per un bene comune che ad oggi è difficile da immaginare in maniera concreta, ma del quale si possono solo intuire, a grandi linee, le forme. Oggi pianto un seme nella terra perché fra quaranta, sessanta, mille anni possa diventare un albero alto e forte, che insieme a cento altri alberi simili potrà far nascere una foresta. Lo stesso facciamo con i nostri ragazzi, che ci impegniamo ad educare sin da piccoli con l’obiettivo che diventino, dinanzi al loro clan, uomini e donne della partenza, per aprirsi al mondo come adulti responsabili e consapevoli, pronti a spendersi per il benessere della comunità. Eppure, quante volte ci capita di scoraggiarci dinanzi ai loro dubbi, alle loro azioni, ad un lavoro lento e faticoso che sembra non darci alcuna soddisfazione nell’immediato! In quei momenti, ricordiamoci della conclusione della storia di Elzeard Bouffier: “Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole. Ma, se metto in conto quanto c’è voluto di costanza nella grandezza d’animo e d’accanimento nella generosità per ottenere questo risultato, l’anima mi si riempie d’un enorme rispetto per quel vecchio contadino senza cultura che ha saputo portare a buon fine un’opera degna di Dio”.