Il 10 dicembre di quest’anno la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani ha compiuto 70 anni. Nel preambolo, si legge che essa rappresenta un “ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione”. Gli Stati che votarono a favore della sua approvazione furono 48, 8 gli astenuti (tutti i delegati del blocco sovietico), due non partecipanti al voto (Yemen e Honduras).
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è considerata la base di molte delle conquiste civili del XX secolo ed è stata fonte di ispirazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata per la prima volta a Nizza il 7 dicembre 2000. È stata inoltre il primo documento che ha sancito universalmente (cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del mondo) i diritti che spettano all’essere umano: individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali. Un documento che è riuscito a mettere d’accordo Paesi culturalmente, politicamente e storicamente diversi tra loro, con un impegno fondamentale, quello di garantire i diritti per tutti gli esseri umani a prescindere dal colore della pelle, dal credo, dalla fede politica, dalle usanze e dai costumi. Un principio semplicissimo, a pensarci, eppure allo stesso tempo incredibile nella sua realizzazione. “Siate realisti, chiedete l’impossibile”: quanto sono simili questo motto con il principio alla base della Dichiarazione dei Diritti Umani? E non sembra questo una forma di educazione al sogno? Vedere, giudicare, agire: partire dal concreto e dal quotidiano per puntare in alto, per sognare sì ad occhi aperti, ma mantenendo un approccio concreto alla realtà. Perché tutto ciò che è stato scoperto e discusso non rimanga fine a se stesso, ma contribuisca ad una piccola grande azione positiva.