7000 camice blu in piazza per ricordare Don Peppe a 25 anni dal suo brutale omicidio, con la manifestazione “Il tuo sogno, la nostra frontiera”
25 anni sono passati da quel 19 maggio 1994 in cui, brutalmente, cinque proiettili sparati da un camorrista credevano di fermare Don Peppe Diana. E sicuramente lo hanno ucciso, ma non lo hanno fermato. Infatti, ieri, circa 7000 scout dell’AGESCI, con le loro camice azzurre, hanno marciato per le strade di Casal di Principe per ricordarlo e per ribadire il loro no ad ogni forma di mafia.
Ieri, tutte quelle voci in piazza, erano li a fare da scudo contro quei cinque proiettili, a continuare a far risuonare in quella piazza, in Campania, in Italia, insomma ovunque, le parole di don Peppe. Erano li a urlare, a non tacere, come chiedeva Don Peppe nella sua famosa lettera “Per Amore del mio Popolo non Tacerò”, ad incontrare mamma Iolanda, per farle sentire che se ha perso un figlio, ne ha acquisiti tanti altri, tutti con le loro camice blu che lei tanto amava, a stringersi incontro alla sorella Marisa e al fratello Emilio, a ringraziare Augusto di Meo, per averci mostrato la strada del coraggio, testimoniando, senza paura, raccontando quello che aveva visto dell’omicidio, ad ascoltare Renato Natale, sindaco di Casal di Principe dire che gli unici clan che saranno sempre bene accetti a Casale sono quelli degli scout!
La Messa, celebrata dal Card. Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli, ci ha ricordato che anche la chiesa c’è in questa lotta, con le sue istituzioni, come con tutti i parroci che operano in queste zone.
E c’era anche l’associazione con Capo Guida e Capo Scout, Donatella Mela e Fabrizio Coccetti, i presidenti dell’Associazione, Barbara Battilana e Vincenzo Piccolo e il nostro Assistente Ecclesiastico Generale Padre Roberto dal Ricco, che ci ha ricordato come la nostra promessa ci obbliga ad essere testimoni e ci renda fratelli di Don Peppe.
Ma soprattutto in piazza con noi c’era Don Peppe, ad esortarci a continuare il suo sogno, facendolo diventare frontiera, da superare ed andare oltre verso un mondo in cui loro, i camorristi, siano ininfluenti e i tantissimi giovani che ieri sono scesi in piazza, possano iniziare a vivere in un mondo in cui non debbano più “assistere impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra.”[1]
Solo allora Don Peppe potrà riposare in quel cimitero come ci ha detto la sorella Marisa
Buona Caccia e Buona Strada
[1] Dalla lettera “Per amore del mio popolo non tacerò” – Don Peppe Diana, Natale 1991
Foto e articolo di Andrea Bruno