C’è chi ha bisogno di una legge dello Stato o di un atto dal notaio per dare “ufficialità” a una parola scritta. Altre volte, invece, basta una stretta di mano per far diventare una parola, scritta o orale che sia, pietra. O meglio radice.
Quella stretta di mano è quella scambiata durante la nostra Promessa Scout, che sia stata fatta da giovane o da adulto e sancisce la nostra appartenenza, la nostra dichiarazione d’amore. E poi da adulto quello stesso gesto trova spazio in un’altra carta scritta. Poche righe ma che scavano un solco. Ecco il Patto Associativo.
C’è chi scava solchi non buoni per allargare le distanze e troppo spesso renderle incolmabili. C’è chi scava solchi buoni per coltivare frutti e ortaggi e chi li scava per seminare insieme ai ragazzi.
Coltivare è un lavoro di fino è fatica e sudore, è schiena spezzata, ma è anche soddisfazione, è anche raccogliere i frutti – sperati – ma imprevedibili che la natura ci saprà dare. E i nostri ragazzi sono così – sperati, sognati (“ciascuno cresce solo se sognato” D. Dolci) ma imprevedibili.
E un capo solido e solidale ha un volto umano, la sua integrità morale e materiale non deve mai essere distanza ma sempre prossimità. Un capo è compagno di strada che cammina con lo stile proprio degli Scout e della nostra Associazione che ci da il mandato di educare e ci chiede di tenere fede alle scelte di quel Patto al quale liberamente abbiamo scelto di aderire.
A Cura di Francesco Iandolo