Uno dei primi giochi che qualche vecchio lupo ancora propone in Branco è il “gioco senza regole”.
I bambini provano a giocare con un pallone, improvvisano qualche logica di gioco, qualcuno azzarda un passaggio di palla con i piedi che qualcun altro riceve con le mani, poi c’è chi prova a imbastire una partita di calcio e chi rilancia il pallone con un bagher da pallavolo. Tutti contemporaneamente. Però non c’è il campo, non ci sono limiti e strisce, non ci sono reti, canestri, basi e neppure pali. Non ci sono arbitri perché non si possono contestare violazioni a regolamenti che non esistono. Dopo un poco finisce tutto in baraonda e il vecchio lupo ferma tutto. Tutto questo per educare i bambini al principio che senza regole semplicemente non esiste il gioco, senza Legge non esiste il Branco.
La metafora, applicabile in tanti campi, calza a pennello per la gestione delle emergenze, per questa emergenza in particolare. Tempo fa in un testo scritto da un funzionario dei VVF si leggeva: “non avere un piano d’emergenza è un fatto grave, averne due è peggio”. Generare troppe regole, soprattutto in contesti emergenziali, produce il disorientamento e quindi la reazione opposta a quella sperata: ognuno si sente libero di interpretare come crede, il caos.
Anche la nostra Costituzione repubblicana, con l’art. 117, prevedendo la concorrenza fra Stato e Regioni in materia di salute, protezione civile e sicurezza sul lavoro, nei casi d’emergenza non favorisce interventi rapidi ed efficaci. In tali casi il Presidente del Consiglio può emettere Decreti, le Regioni possono caratterizzare la norma statale mediante Ordinanze e i Sindaci possono a loro volta dare una “limatina” locale e questo è pienamente legittimo.
La nostra Associazione invece prevede una organizzazione articolata su quattro livelli territoriali: il nazionale, il regionale, quello di zona e poi quello di gruppo. Non sono livelli subalterni fra di loro ma in rapporto di sussidiarietà, il che significa che nei casi di emergenza – quando si devono assumere provvedimenti urgenti – tale rapporto fondato sull’aiuto, sul completamento fra i livelli, se non adeguatamente governato rischia di ingenerare suggestioni. Nei casi di emergenza, infatti, si deve comunicare con strumenti semplici, diretti e inequivocabili ma soprattutto riferendosi alle leggi dello Stato e alle Ordinanze delle autorità locali. Un riferimento certo è dato dal Dipartimento della PROTEZIONE civile che nelle emergenze ha proprio il ruolo del coordinamento fra le funzioni in campo.
CHE FA IL DIPARTIMENTO DI PC?
Il DPC è una struttura dello Stato che dipende dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Dipartimento ha innanzitutto un ruolo di indirizzo e coordinamento delle attività di pianificazione per l’emergenza, sia centrali sia territoriali. Presso il Dipartimento, tra le varie strutture, opera la Sala Situazione Italia che monitora le situazioni di emergenza su tutto il territorio nazionale. È compito del Dipartimento coordinare le prime attività di risposta alle calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, devono essere fronteggiati con immediatezza d’intervento, con mezzi e poteri straordinari.
Però l’organizzazione del Dipartimento ha una specifica caratteristica: detto brutalmente il DPC non ha in organico truppe da mandare sugli scenari d’emergenza, il DPC, nei casi di necessità, attiva strutture operative che in tempo ordinario si occupano di tutt’altro, tra queste vi sono i Vigili del fuoco, le forze armate e di polizia, il corpo forestale, i servizi tecnici e di ricerca scientifica, la Croce Rossa, il Sistema Sanitario Nazionale e il soccorso alpino e speleologico. A queste strutture si aggiunge poi il VOLONTARIATO così come previsto dal Codice di Protezione Civile, nel DLgs n. 1 del 2018. Il DPC non ha squadre d’intervento proprie. Le strutture di PC intervengono secondo diversa specializzazione prima con le organizzazioni territoriali, censite nelle rispettive regioni (per le emergenze governabili regionalmente) e poi con quelle nazionali. Ecco perché quando in occasione di un disastro i TG titolano con “ritardi della Protezione Civile” – come se si dovessero aspettare schiere angeliche salvatrici – tali espressioni non fanno altro che farci sorridere amaramente.
IL VOLONTARIATO DI PROTEZIONE CIVILE
Quindi nello scenario della Protezione Civile i volontari costituiscono una delle componenti vitali del sistema: oltre ottocentomila persone, distribuite sul territorio nazionale, aderiscono a organizzazioni che operano in molteplici settori specialistici.
Nell’elenco nazionale del Dipartimento della Protezione Civile sono iscritte oltre 4.000 organizzazioni tra le quali l’AGESCI.
Siamo certi che con la consapevolezza che l’AGESCI è una organizzazione che opera anche nel campo della Protezione Civile (cfr art. 2 dello Statuto), al manifestarsi di questa emergenza non vi sia stato Capo e R/S che non si sia fatto questa domanda: “vorrei rendermi utile come volontario per aiutare la popolazione colpita dall’emergenza, come faccio, a chi mi rivolgo?”.
La risposta è arrivata dai livelli associativi sia Centrale sia Regionale, ribadendo ciò che il Dipartimento prescrive: “Per contribuire agli interventi nelle zone colpite da disastri è necessario far parte di un’Organizzazione di volontariato già addestrata all’intervento. In questi casi, infatti, il contributo dei singoli non facilita le azioni di soccorso…. Se si è deciso di offrire aiuto per la prima volta, ci si deve prima iscrivere a un’organizzazione di volontariato di protezione civile inserita nell’Elenco centrale o negli Elenchi territoriali.”
Infatti per le regioni AGESCI quali la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Sicilia, la Calabria e altre l’attivazione di PC è immediata perché appartengono ai rispettivi elenchi territoriali.
E la Campania? Perché la Campania non viene mai attivata? L’AGESCI Campania non è iscritta all’elenco territoriale. Gli Scouts campani non hanno mai voluto rispondere ai bandi regionali e quindi la “PC AGESCI Campania” non esiste. Che peccato, quanto saremmo potuti essere utili in quest’emergenza!
Non possiamo impegnarci direttamente perché le norme nazionali e regionali sono chiare, per poter portare aiuto è necessario “giocare con queste regole”:
- essere iscritti a una associazione a sua volta iscritta all’elenco regionale delle organizzazioni di PC;
- essere addestrati al rischio per cui si interviene (ricordate l’Estote Parati?);
- essere dotati dei Dispositivi di Protezione Individuali per la difesa dai rischi residui che non si possono abbattere con la sola conoscenza;
- essere in buone condizioni di salute;
- essere assicurati specificamente.
La nostra Associazione garantisce tutti e cinque i requisiti, tuttavia in questa regione da anni nessuno risponde alla chiamata al servizio.
Le domande che ci facciamo restano sempre le stesse e sempre senza risposta: perché in questa regione non riusciamo a donarci come una fratellanza che opera sotto le stesse regole? Perché in quest’emergenza tanti stanno comunque prestando il loro aiuto ma ognuno per conto suo, in abiti anonimi o addirittura sotto altre insegne? Che problema abbiamo a farci riconoscere dalle istituzioni territoriali quale associazione di Protezione Civile e poi indossare orgogliosamente la nostra uniforme?
Settore Protezione Civile Agesci Campania