I prati che tornano fioriti, gli alberi che sbocciano, quello strano odore di libertà. Questa è la primavera che oltre a scandire nuovamente le giornate che si allungano, il ritmo dei campi è sinonimo di speranza, di rinascita.
Certo la primavera non è certezza che le giornate siano sempre belle, ma magari migliori dei mesi invernali con pioggia freddo, neve e vento, si. Può capitare che, come successo anche quest’anno, all’improvviso arrivi una spruzzata di neve a imbiancare le cime delle montagne o a farci attaccare alla finestra strappandoci un sorriso. Eppure, la nevicata primaverile è diversa da quella invernale perché nel momento stesso che scendono quei fiocchi di neve è molto probabile che arriverà domani e sarà un giorno nuovo di sole e caldo.
Eppure, c’è un’altra speranza che a ridosso della primavera ogni anno si fa spazio nei nostri cuori. È una speranza ricca di desiderio e attesa. Una Speranza generativa che si è trasformata in certezza e che lascia spazio a nuova speranza.
Dopo l’inverno c’è la primavera, dopo il Venerdì Santo, la Passione e la crocifissione di Gesù c’è sempre la domenica di Pasqua, la Resurrezione.
La Speranza non è attesa che qualcosa accada. È invece impegno per far accadere ciò che si desidera. Per questo occorre rimboccarci le maniche per essere motori del cambiamento.
La Speranza, insieme alla Fede e alla Carità/Amore è una delle tre virtù teologali che vengono rappresentate con tre simboli di uso comune che ben sono integrati da un’opera Croce della Camargue che dagli inizi del 900 è stata realizzata in Francia.
Una croce per la Fede, un cuore come simbolo della carità, e l’ancora per la Speranza come simbolo della fermezza e della salvezza sinonimo del “qui è dove mi trovo e qui ho deciso di impegnarmi”.
Tre simboli, che possono diventare uno e che possono rappresentare un dono da fare o un oggetto da costruire insieme per una Speranza da coltivare ogni giorno.
A Cura di Francesco Iandolo