Quando penso a un custode penso a un uomo non troppo giovane con un mazzo di chiavi che gira tra gli ambienti di cui conosce ogni singolo angolo, ogni spigolo, ogni crepa nel muro.
Eppure, nel momento stesso in cui lo penso, so che è una raffigurazione completamente sbagliata. Come in tutti i lavori o nelle pratiche della vita quotidiana sicuramente l’età aumenta l’esperienza ma questo non deve essere un discrimine, non deve impedirci di diventare noi stessi custodi.
Non solo di luoghi ma soprattutto di persone. Essere custodi è un impegno di responsabilità ma nello stesso tempo un’opportunità preziosa che ci offre l’occasione di esercitare virtù e competenze proprio degli Scout, proprie di Guide ed Esploratori.
Inoltre, ci permette di sperimentare e replicare l’amore di Dio. Così come lui è custode delle nostre vite e delle nostre storie, non è re ma custode del “suo regno”, noi possiamo, attraverso il suo esempio, cercare di fare la nostra parte.
Se siamo custodi di un giardino ci ricorderemo di prenderci cura del prato e delle piante, annaffiandole e potandole quando serve. Se siamo custodi della nostra sede saremo attenti alla pulizia e a piccole attività di manutenzione. Se siamo custodi degli altri domanderemo “come stai?” essendo attenti di ascoltare la risposta, di provare a dire una parola di conforto o di incoraggiamento, di provare a custodirla nel nostro cuore per generare in noi cambiamento.
Consegniamo ai nostri ragazzi chiavi simboliche con il nome di un altro esploratore o di un’altra guida senza che l’altro lo sappia. Facciamo che se ne prendano cura, che riescano a fare per lui almeno una cosa, un gesto di attenzione o gentilezza. Avremo contribuito a far crescere nuovi custodi delle relazioni e del mondo.
A Cura di Francesco Iandolo