Guardavo incantato gli angoli del mio presepe, con le lucine accese e la musichetta che ripeteva a loop “Tu scendi dalle stelle”. Sarà stata la stanchezza, ma quella nenia mi fece socchiudere gli occhi. E, quando li riaprii, mi ritrovai tra la locanda e la cascata, affianco al laghetto di carta argentata.
Ero eccitato di trovarmi in quel mondo. Un ambiente che non era del tutto reale perché i personaggi erano alcuni di creta e altri di plastica. La luce della stella cometa sopra la grotta pulsava come un’insegna di un locale che fa la sua réclame.
E a fianco, legato con un filo di lenza, c’era un angelo che portava il suo messaggio “Pace agli uomini di buona volontà”. Una delle ali si era spaccata ed era stata rincollata. Il sorriso dell’angelo era stampato ma i suoi occhi, però, cercavano di richiamare la mia attenzione. Dalla sua postura ingessata l’angelo mi segnalava con il suo sguardo qualcosa che era nascosto.
Allora mi misi a cercare nella grotta. C’erano il bue, l’asinello, Maria e Giuseppe che aspettavano il 24 dicembre sera per accogliere il Bambinello. Sembrava tutto regolare. Quando, in un angolo buio, vidi qualcosa muoversi. Facendo attenzione a quel contorno intravidi un personaggio oscuro. Anche lui portava il suo messaggio: “Guerra agli uomini di mala volontà”. Rabbrividii.
E iniziai a salire la montagna di sughero per vedere dall’alto la scena del presepe che io stesso avevo costruito. E nella campagna, per la prima volta, intravidi dei pastori che si stavano allontanando dalla grotta, interessati solo al commercio delle pecore. E vidi anche le porte delle locande chiudersi ad altri viandanti perché, come Maria e Giuseppe, non si accettavano stranieri. E vidi ladroni approfittarsi di persone ingenue attirati dalla luce della stella cometa. Vidi infine anche altri re, diversi dai re magi, non disposti a mettere il proprio potere a servizio del bene.
Ma come era stato possibile che fino a quel momento non avevo mai visto quello che era davanti ai miei occhi? Fu quello il momento in cui fui sbalzato da quel diorama e sentii dentro di me risuonare una frase: “Costruttori di pace”.
Che significa essere “costruttori di pace”? Bhè, significa saper leggere la realtà e scegliere con chi schierarsi, anche stando in posizioni scomode, a volte di disagio, di paura, di isolamento. Ma è su quello stato d’animo che si inizia a costruire. Partendo dalle realtà locali, dove sono presenti i conflitti a noi vicini, per poi abbracciare anche realtà più ampie. Più lontane.
E nella costruzione bisogna fermarsi a guardare anche le cose positive. Le cose che consentono anche ad altri di saggiare il cambiamento. Senza imporlo. Ma coinvolgendo. Perché una pace, come anche la guerra, non la si può fare da soli.
Infine, bisogna lavorare nel tempo, come se non ci fosse il tempo. Costruire la pace è un lavoro che comporta la necessità di aprire nuove strade ma anche di consolidare nel tempo le strade già percorse.
Allora, e solo allora, si potrà andare in giro a gridare “Pace agli uomini di buona volontà”.
A Cura di Vincenzo Pinto- Pattuglia comunicazione