Esplorazione di un mondo non troppo lontano
Mentre ero davanti al mio pc per scrivere questo articolo, mi sono addormentato. E ho fatto un sogno, davvero strano, di un gruppo di adulti un po’ stralunati che, insieme, si fanno chiamare “Comunità Capi”. Ora ve lo racconterò.
Avete presente uno di quei pianeti che vediamo nelle notti stellate ai campi? Beh è su uno di quei pianeti che, volando nel mio sogno, sono atterrato. Sul pianeta CoCa. Lì, in una delle sue piazze, i cochiani si danno appuntamento e parlano, discutono. Ma di chi? Di che cosa? Li ho sentiti parlare di Luigino che dorme ancora con la mamma. E di Sara, che si è lasciata con Marco. Di don Pietro che ha chiesto di fare il servizio d’ordine alla processione. E dei lavori da fare nel bagno della sede …E non solo.
Ma come si arriva in quella piazza? Attraverso un portale, il portale del Patto Associativo. L’unica via per arrivare alla piazza. Non ha portoni chiusi. Non ha guardie che richiedono magiche parole d’ordine. Quando l’attraversi, dall’altro lato, c’è un gruppetto di cochiani pronti a tirare fuori i festoni per fare strada. Un gruppetto di persone che ha non uno ma due sindaci, i CapiGruppo. E questi non sono come i gemelli omozigoti (cioè quelli identici) ma come quelli eterozigoti, nati, cioè, da due cellule uovo diverse. E più diversi sono meglio è. La chiamano, su questo pianeta, la diarchia. Un nome strano.
Tutti insieme parlano di campi, di turni di pulizia e di come va in staff. Staff, un’altra parola strana. Ascoltandoli, ho capito che questo gruppo di cochiani si dividono in tre piccoli gruppetti: gli ellecciani, gli eggiani e gli erressiani. Ognuno è uno staff. E ogni staff ha a capo due cochiani. Eh sì. Anche qui c’è la diarchia. E ogni staff cura un giardino che è posto intorno alla piazza principale.
E mentre i cochiani parlavano dei semi da seminare e quanta acqua fornire, ho capito che Luigino era un fiore del giardino degli ellecciani. E Sara con Marco una pianta degli eggiani. Ma ho capito, anche, che Marco dal giardino degli eggiani presto sarà trapiantato, con cura, in quello degli erressaini.
Ogni staff ha il suo tipo di concime da fornire al suo giardino. E sa quanto acqua dare e in quale momento della giornata fornirla. Ma anche se in quelle manovre si sbaglia qualcosa, intorno a quel pianeta arriva il sole e la pioggia, e il vento eppoi le nuvole. E tutto termina con un arcobaleno.
La cosa strana di questo pianeta è che anche i cochiani hanno bisogno di chi si curi di loro. Altrimenti si ammalano o si invecchiano. Sono i CapiGruppo che, come novelli dottori, curano i nuovi arrivati. O che li invitano ad andare nella piazza di Zona, non molto distante da lì, dove potranno incontrare altri cochiani appena arrivati.
Ma anche gli altri cochiani sono invitati ad andare in altre piazze per imparare il concime più adatto per il giardino che hanno in consegna, i tempi della semina e del raccolto. La formula di questo concime, quello più giusto, ogni tanto cambia. Perché cambia il terreno. E bisogna capire sempre come dosarlo.
Alla fine, bisogna riportare tutti questi segreti nella piazza da cui si è partiti. Per parlare ancora. Ma questa volta di Dora, Luca e Michele. E tutto questo parlare i cochiani la chiamano coeducazione. Che strano modo di curare i giardini.
E questo basta? No di certo. I cochiani hanno bisogno periodicamente di incontrarsi tutti insieme. Li ho sentiti dire che quest’anno si incontreranno a Villa Buri per raccontarsi la loro idea di felicità. E questo darà loro la carica di ripartire. Con nuove idee e nuove mete.
E anche tutto questo basta? No, non basta. I cochiani spesso cercano di mettersi in connessione con quanto è fuori dal loro pianeta e la forza che lo fa girare. È il sole, la luna, la pioggia e il vento. I cochiani li chiamano fratelli e sorelle. Che da soli sono utili ma tutti insieme parlano di Dio.
Ed è in questa piazza che, stringendosi le mani in cerchio come una vera comunità, ripetono a sé stessi e agli altri queste parole, che faccio mie e che dono a voi:
Fa’, Signore, che io ti conosca.
E la conoscenza mi porti ad amarti,
e l’amore mi porti a servirti ogni giorno più generosamente.Ch’io veda, ami e serva Te in tutti i miei fratelli,
ma particolarmente in coloro che mi hai affidati.Te li raccomando perciò, Signore
come quanto ho di più caro,
perché sei tu che me li hai dati
e a te devono ritornare.Con la tua grazia, Signore,
fa’ che io sia sempre loro di esempio e mai d’inciampo
che essi in me vedano te, e io in loro Te solo cerchi
così l’amore nostro sarà perfetto.E al termine della mia giornata terrena
[Preghiera del Capo]
l’essere stato capo mi sia di lode e non di condanna.
A Cura di Vincenzo Pinto- Pattuglia comunicazione